Uranioimpoverito's Blog

un blog sull'uranio impoverito a cura di lorenzo pellegrini

uranio impoverito in Libia

Posted by lorenzo pellegrini su 7 aprile 2011

Interessante articolo a questo link.

uranio impoverito nel corso dei recenti bombardamenti nella Libia di Gheddafi.

 

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vaccini. la procura apre inchiesta

Posted by lorenzo pellegrini su 28 marzo 2011

a questo link

 

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«A Salto di Quirra cassette d’uranio »

Posted by lorenzo pellegrini su 27 febbraio 2011

Lo dice  il Corriere della Sera.

ecco il link dell’articolo.

 

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A proposito di vaccini. Gli inglesi non stanno meglio di noi.

Posted by lorenzo pellegrini su 25 gennaio 2011

Il 16 gennaio scorso la ‘BBC’ si è occupata dei veterani della guerra del Golfo, a distanza di vent’anni  da quando le forze della coalizione hanno intrapreso la campagna aerea seguita dall’attacco a terra, per costringere Saddam Hussein a ritirare le sue truppe dal Kuwait.

L’operazione fu denominata Desert Storm.

Kerry Fuller era un aviatore elicotterista in servizio in una base in Arabia Saudita. Un tempo era un grande camminatore, una persona dalla forma fisica perfetta; oggi ha difficoltà a spostarsi per poche decine di metri. Alcuni giorni, in particolare nella stagione fredda, è costretto a rimanere in casa a causa del dolore paralizzante. Manifestò la sua malattia pochi giorni dopo essere stato vaccinato e per questo fu portato in ospedale. Tornò al servizio attivo dopo qualche giorno, ma da allora i periodi di malattia sono ricorrenti.  A 40 anni fu colpito da un ictus, che lo ha lasciato con una lieve balbuzie. Adesso è costretto ad assumere 20-30 compresse al giorno per problemi di cuore e un forte dolore nei muscoli e articolazioni.  Prima di partire per il Golfo è stato trattato con una dozzina di vaccinazioni per proteggerlo nel caso in cui le forze di Saddam Hussein avessero usato armi chimiche o biologiche.

Siamo stati usati come cavie, consapevolmente o inconsapevolmente,’ dice.

Ora, molti di noi pensano che sarebbe stato molto meglio essere morti in azione.’

Alcuni veterani hanno sviluppato malattie non ancora chiaramente spiegate dopo il loro servizio nel Golfo, due decenni fa.  C’’è ancora disaccordo sul perché i tassi di malattia sono due volte più elevati tra i veterani della Guerra del Golfo di truppe schierate altrove. I sintomi riferiti comprendono stanchezza cronica, mal di testa e disturbi del sonno per i dolori articolari, colon irritabile, stomaco e disturbi respiratori e problemi psicologici.

Attivisti e medici continuano a litigare sulla Sindrome della Guerra del Golfo, se essa esista realmente, come una condizione patologica conseguente all’operazione Desert Storm.

Anche le stime sul numero di persone che si sono ammalate o sono decedute per il loro servizio nel Golfo variano notevolmente. I dati ufficiali indicano che più di 1.500 persone nel Regno Unito hanno ricevuto  la pensione di guerra dopo aver partecipato alla Guerra del Golfo, tuttavia gli attivisti ritengono che il numero reale dei malati è molto superiore.

Negli anni successivi l’operazione Desert Storm, le possibili cause delle malattie sono state individuate nelle vaccinazioni, nell’uranio impoverito usato nelle armi perforanti, nei pesticidi, nella esposizione a agenti nervini e negli effetti delle inalazioni di fumi tossici provenienti dai pozzi di petrolio in fiamme, nei fattori psicologici e nello stress.

Oggi quasi nessuno nega che un numero significativo di veterani del Golfo si è ammalata come conseguenza diretta del loro servizio militare. Anche da ambienti ufficiali ormai filtrano liberamente opinioni come quelle di un portavoce del ministero della Difesa che  ha dichiarato a BBC News: ‘E’ un dato di fatto che alcuni reduci della guerra del Golfo sono malati e che alcune di queste malattie sono probabilmente correlate al loro servizio del Golfo.”

Le famiglie dei malati protestano: ‘Il Ministero della Difesa ha paura di essere giudicato responsabile‘, dice Shaun Rusling, rappresentate dell’Associazione Nazionale Reduci dal Golfo Nazionale

Se si ammettesse ufficialmente la ‘Sindrome del Golfo’, si aprirebbe la strada a numerose richieste di risarcimento per negligenza medica.

Il punto è proprio questo.

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Progetto Signum: finalmente

Posted by lorenzo pellegrini su 20 gennaio 2011

Molti, fra cui il sottoscritto, si chiedevano che fine avesse fatto il cosiddetto Progetto SIGNUM.

Nell’audizione di ieri, davanti alla Commissione d’inchiesta per l’uranio impoverito, ne hanno parlato.

Ecco un estratto dal testo del resoconto sommario della seduta.

” Il prof. AMADORI fa preliminarmente presente che, pochi giorni fa, il Comitato scientifico, avendo concluso i propri lavori ha trasmesso al Ministro della Difesa la relazione finale. E’ quindi possibile oggi dare conto dei risultati conseguiti e, per quanto lo riguarda si limiterà ad fornire una sintesi dei tratti salienti del progetto, lasciando ai componenti del Comitato scientifico presenti il compito di illustrare altri aspetti. Ricorda quindi che il progetto SIGNUM nasce dalle raccomandazioni della Commissione Mandelli, istituita nel 2000 con il compito di condurre un’analisi osservazionale retrospettiva di tipo caso-controllo sui reduci del teatro operativo balcanico. Come è noto, la Commissione rilevò un eccesso statisticamente significativo di linfomi di Hodgkin nella popolazione considerata, ma, per l’impossibilità di pervenire ad una validazione scientifica di un possibile rapporto causale tra l’incremento di incidenza di tali neoplasie e l’eventuale esposizione ad uranio impoverito, segnalò la necessità di ulteriori studi per definire meglio le conseguenze dell’esposizione all’uranio impoverito medesimo, e per identificare eventuali altri fattori di rischio nell’insorgenza delle predette neoplasie. Raccogliendo tale raccomandazione, il progetto SIGNUM si propone di valutare il modo prospettico l’effettiva esposizione a uranio e ad altri genotossici ambientali noti, e di stimare il rischio di tumore in base alla variazione della frequenza di marcatori di esposizione e di effetto biologico precoce. La scelta di sottoporre ad osservazione una coorte di militare impegnati nel teatro operativo iracheno deriva dal fatto che fonti ufficiali hanno riportato un impiego significativo di munizionamenti ad uranio impoverito nel corso della prima guerra del Golfo e che nell’area sussistono insediamenti industriali obsoleti ad alto rischio ambientale.
Il progetto è articolato in due fasi, la prima delle quali, definibile di assessment, è ora conclusa e consiste nella quantificazione dell’esposizione a genotossici ambientali e nella rilevazione e misurazione degli effetti biologici precoci a carico di DNA e cromosomi potenzialmente associati all’esposizione ad agenti genotossici. La seconda fase, clinico-epidemiologica, è tuttora in corso e prevede la sorveglianza sanitaria per almeno dieci anni della coorte in esame, con controlli eseguiti a scadenza annuale per la verifica dello stato di salute, nonchè la valutazione degli effetti nel lungo periodo conseguenti alla permanenza nel teatro operativo in termini di aumento del rischio di tumore o di altre patologie cronico-degenerative nonchè di mortalità specifica in relazione alla causa.
Dopo aver dato conto dei soggetti partecipanti al progetto, articolato in sette unità operative, il prof. Amadori fa presente che la popolazione in studio deriva dalla adesione volontaria di una coorte di circa mille militari appartenenti ad un contingente di rotazione e che il campione considerato è stato articolato per età, area di nascita e tipologia di impiego, al fine di garantire la massima validità statistico-epidemiologica. Le analisi sperimentali sono state condotte attraverso il campionamento di urine, sangue e capelli con campioni identificati mediante un codice a tutela della riservatezza del dato sanitario. I prelievi sono stati compiuti immediatamente prima della partenza e prima del rientro in patria. La campagna di prelievo si è svolta tra il 2004 e il 2005 e alla fine di tale anno è partita la fase analitica che si è rivelata estremamente complessa.

Prende quindi la parola il prof. BONASSI, il quale avverte preliminarmente che nel suo intervento tenterà di sintetizzare una notevole quantità di risultati. Come già detto, il progetto si propone di studiare i danni al DNA e i biomarcatori di danno cromosomico derivanti dalla reazione dell’organismo all’esposizione all’uranio e ad altri xenoelementi. Si è quindi proceduto alla misurazione dell’uranio e degli altri xenoelementi, nelle urine, nel siero e nei capelli, sia alla partenza che al rientro dei militari in missione, utilizzando come metodica la spettrometria di massa. I risultati sono piuttosto differenziati poichè per alcune sostanze, come arsenico, uranio e vanadio i valori riscontrati al ritorno erano più bassi di quelli della partenza. Analoghi risultati sono stati acquisiti sulla presenza di tungsteno con riduzioni significative nel siero, ma non nelle urine, sempre comunque con variazioni entro intervalli di normalità. Per il molibdeno è stato rilevato un aumento al rientro nei sieri e nelle urine, ma su tale risultato potrebbero avere inciso anche variazioni della dieta. Per lo zinconio, tra partenza e rientro, si è riscontrato un aumento nel siero e una diminuzione nelle urine. Il piombo presenta un calo significativo mentre tra partenza e rientro si registrano incrementi per il cadmio e il nichel, cancerogeni riconosciuti.
Tale ultimo dato, peraltro si è riscontrato in misura più elevata per alcune mansioni con impiego esterno, come pattugliatori e conduttori. La valutazione dei dati relativi all’uranio impoverito si è rivelata più complessa, anche perché valori bassi di uranio hanno limitato la possibilità di effettuare test. Le soglie di concentrazione rilevate dimostrano comunque che vi è stato un decremento al ritorno rispetto alla partenza.
I risultati sopra sintetizzati – prosegue il prof. Bonassi – hanno fornito la base per l’analisi di biomarcatori molecolari di impatto genotossico e suscettibilità genetica. La misurazione degli addotti al DNA non ha fatto rilevare nessuna variazione significativa tra la situazione alla partenza e quella al rientro, mentre la misurazione del danno ossidativo ha fatto registrare un aumento del carico ossidativo endogeno in relazione all’incremento di attività psicofisica e a profilassi vaccinali numerose (in particolare con vaccini vivi attenuati) più rilevante nella piccola frazione di soggetti a rischio. La ricerca di micronuclei ha rilevato incrementi più significativi in soggetti che svolgevano prevalentemente attività esterna, senza alcun rapporto con esposizione a specifici genotossici. La ricerca di aberrazioni cromosomiche in linfociti periferici ha fatto registrare una frequenza non diversa da quella attesa per la popolazione non esposta, e tra partenza e rientro non sono state registrate variazioni significative. Anche la ricerca dei transriarrangiamenti in linfociti periferici non ha fatto registrare dati che si discostano da quelli riscontrabili nella generalità della popolazione.

Il colonnello LA GIOIA, con riferimento all’esposizione a genotossici ambientali, rileva che le analisi svolte hanno fatto registrare una riduzione significativa della concentrazione totale di uranio nel siero e nelle urine al momento del rientro in patria, rispetto alle campionature effettuate alla partenza. Si sono osservati modesti incrementi per alcuni genotossici e, sempre nel confronto fra il dato della partenza e quello del rientro, riduzione di altri elementi. L’analisi dei marcatori di effetto biologico precoce ha evidenziato valori riferibili alla popolazione generale non professionalmente esposta, così come sono stati esclusi incrementi di addotti al DNA. Anche l’aumento delle cellule micronucleate rientra nei valori della popolazione non professionalmente esposta. L’incremento di alterazioni ossidative in alcune mansioni, come quelle dei pattugliatori, vanno probabilmente ricondotti allo stress operativo e, per altre mansioni, all’eccesso di vaccinazioni, che ha riguardato soprattutto il personale frequentemente impiegato nelle missioni di pace. Si rileva pertanto che l’esposizione a genotossici ambientali non costituisce un fattore di rischio prioritario per il personale militare che è stato oggetto dello studio.

Il generale DONVITO ricorda di avere condiviso e sostenuto le raccomandazioni della Commissione Mandelli dalle quali ha avuto origine il progetto SIGNUM, sviluppatosi a partire dal 2004 e per molti versi unico, per l’analisi di tipo prospettico seriale, per l’ampiezza del campione considerato, per gli indicatori biologici analizzati e per la complessità organizzativa che non ha mancato di creare alcune difficoltà in relazione al coordinamento. L’unicità del progetto riguarda anche la trasparenza, poiché esso è stato concepito con l’opportuno e costante coinvolgimento informativo della rappresentanza militare.
Non sono peraltro mancati alcuni difetti: tra di essi, vanno segnalati il ritardo nella conclusione dei lavori, ascrivibile alla complessità e alla dimensione della ricerca, nonché alle difficoltà riscontrate in campo amministrativo e finanziario; gli errori compiuti nella campionatura dei capelli e carichi di lavoro inizialmente non equilibrati tra i diversi partecipanti alla ricerca. Tuttavia, anche se le varie unità operative hanno concluso il loro lavoro con circa sei mesi di ritardo, l’impegno di tutti i gruppi e l’impiego di personale aggiuntivo ha consentito di avviare nel 2008 l’ultima fase del progetto, conclusasi in questi giorni con la consegna della relazione finale al Ministro.

Il PRESIDENTE, nel ringraziare gli intervenuti per la circostanziata esposizione, osserva che la complessità dei temi affrontati implica un aggiornamento necessario per consentire a tutti i componenti della Commissione di riflettere sui risultati del lavoro svolto nell’ambito del Progetto SIGNUM, anche alla luce della lettura della relazione finale, di cui verrà fatta richiesta al Ministro.
I temi da approfondire sono infatti numerosi, e in particolari appaiono interessanti i cenni allo stress psicofisico e alla proliferazione delle vaccinazioni come concause nell’insorgere delle patologie.”

 


 

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La Cina ha uranio per tremila anni?

Posted by lorenzo pellegrini su 9 gennaio 2011

La Cina ha diffuso la notizia secondo la quale i suoi scienziati hanno elaborato una tecnologia di riprocessamento dell’uranio impoverito, che dopo la lavorazione potrà essere riutilizzato come combustibile nucleare, a uso civile e militare.

La notizia è stata riportata dal “Guardian” e poi diffusa da altri media internazionali.

 

Non sono stati resi noti molti dettagli, naturalmente, e non si conosce in cosa tale metodologia si differenzi da quelle già in uso presso altri paesi, tuttavia secondo le notizie lasciate filtrare, con un chilogrammo di uranio si potrà produrre una quantità di energia sessanta volte maggiore di quella attuale.

 

La Cina sta investendo molto nel campo della produzione energetica, sia nelle rinnovabili che nel nucleare; sono tredici i reattori già in funzione e altri ventisei saranno costruiti nei prossimi anni.

La quantità nota di uranio attualmente posseduta dalla Cina è di circa 170mila tonnellate e da fonti interne, in occasione dell’annuncio della nuova metodologia di riprocessamento, si è appreso che il Paese avrà a disposizione combustibile nucleare per i prossimi tremila anni.

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ebooks

Posted by lorenzo pellegrini su 29 dicembre 2010

20 Ebooks gratuiti in formato pdf su uranio  e uranio impoverito.

C’è un sito da cui è possibile scaricare, in francese, una serie di report e articoli sull’uranio e sull’uranio impoverito. Si tratta di una fonte davvero interessante.

QUESTO è il link.

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Anche l’uranio impoverito nei documenti di Wikileaks

Posted by lorenzo pellegrini su 23 dicembre 2010

Un sito australiano riporta la notizia secondo cui fra i documenti resi noti dall’organizzazione Wikileaks ce n’è uno che riguarda un presunto trasporto di uranio impoverito su un volo commerciale. Un contenitore con una polvere metallica, che pare fosse uranio impoverito, sarebbe stata imbarcata in Birmania da funzionari americani, in violazione delle norme internazionali e delle direttive del Dipartimento di Stato e della Federal Aviation Administration.

L’azione sarebbe stata possibile anche perché il contenitore era all’interno del bagaglio diplomatico che ovviamente non può essere aperto né controllato, né passato ai raggi X.

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disastro ecologico in iraq

Posted by lorenzo pellegrini su 22 dicembre 2010

fonte: comedonchisciotte a questo link

che a sua volta cita come fonte questo articolo su rebelion

TESTO:

DI LAYLA ANWAR
An Arab Woman Blues

Mi proponevo di fare una lunga passeggiata per respirare un po’ d’aria fresca, ma ho cambiato idea. Ieri ho immagazzinato informazioni nella mia mente e ho annotato vari fatti su di un pezzo di carta e non voglio perdere nessuno di questi dati. E’ qualcosa di molto urgente. Di un’urgenza letale, come tutto ciò che accade in Iraq. Prima ho scritto alcune cose, non molte, sul disastro ecologico sopraggiunto in Iraq dopo l’occupazione statunitense del 2003. Una crisi ecologica a vari livelli, dato che ha già prodotto frutti molto amari.

Incominciamo dal milione di anni che durerà la contaminazione di uranio impoverito nel terreno e nell’acqua irachena … Suppongo che a questo punto il lettore abbia già familiarizzato con gli effetti dell’uranio impoverito sul popolo iracheno e la sua salute, (1) specialmente la crescente incidenza sulle malformazioni alla nascita e sulla percentuale di casi di cancro tra i bambini, che non risparmierà nemmeno donne, uomini e anziani. Un’indagine rapida su Falluja e Bassora servirà da promemoria.

Oltre all’uranio impoverito, abbiamo la distruzione delle coltivazioni. Gli statunitensi si apprestano a bruciare campi agricoli, giardini e palmeti. In passato l’Iraq aveva 350 tipi diversi di datteri che usava esportare in tutto il mondo, attualmente invece li importa.

La distruzione dei campi agricoli si è aggravata anche per la siccità che appesta l’ Iraq. La diminuzione del livello delle acque dei suoi fiumi principali, Eufrate e Tigri, è stata causata principalmente da Iran, Siria e Turchia che ne hanno sviato il corso verso i loro paesi mediante la costruzione di dighe illegali, incuranti di tutti gli accordi e i protocolli firmati con l’ Iraq. La siccità è così grave che l’anno scorso l’Iraq ha dovuto elemosinare dell’ acqua dalla Turchia. Iran, d’ altra parte, ha preso le distanze da ogni responsabilità per ovvi motivi: ha un governo a Bagdad.

Ma esiste un aspetto ancor più nefasto del ruolo iraniano in Iraq, oltre ad avere un governo in piena Bagdad e rubare acqua. L’ Iran deposita le sue scorie radioattive nucleari nella provincia di Anbar, anche se nessuno ovviamente parla del tasso di incidenza del cancro in Anbar; svuota giornalmente vari metri cubi di acque contaminate da scarti industriali, mediante tre immensi tubi, dalla provincia di Khuzestan sino al Shatt Al-Arab, vicino a Bassora.

Shatt Al-Arab è la fonte principale di erogazione d’acqua per tutta la zona del sud dell’Iraq. L’immissione di residui industriali tossici e di acqua stagnante in questa zona ha alzato la salinità delle acque e in sole poche settimane, (4)a causa della contaminazione e della salinità dell’acqua, Bassora ha perso i suoi campi agricoli nel raggio di 17 km, che si sono seccati a causa del sale industriale tossico. Se questa tendenza continua, Bassora perderà tutti i suoi terreni agricoli. Il rapporto è di circa 40 metri cubi di residui industriali per la distruzione di 3 km di terra arabe. Fino ad ora Iran ha scaricato tra i 40000 e i 65000 mc di scarti tossici.

Alcuni esperti ambientali indipendenti iraniani stanno già parlando di un altro disastro ambientale nel sud: estinzione di flora e fauna, quindi la fine della biodiversità in questa zona e , cosa ancor più importante, la contaminazione di acqua potabile e per l’irrigazione.

Nonostante Iran e Iraq abbiano siglato diversi accordi ambientali, incluso l’Accordo Ramsar del 1991 e l’ Accordo di Rio del 1992, oltre ad una serie di protocolli bilaterali (che includono Siria e Turchia), non sembra sia stato rispettato nemmeno uno di essi. Gli ambientalisti iracheni stanno cercando di portare l’Iran davanti alla Corte Penale Internazionale, per porre fine ad un disastro che sta risucchiando province irachene intere.

Ovviamente l’Iran potrebbe processare e smaltire in un altro modo i suoi rifiuti invece di riversarli nel Shatt Al-Arab, inquinando e contribuendo alla morte del sud iracheno, purtroppo l’ Iran considera Iraq una pattumiera.(5) Il governo lobbista sciita di Bagdad purtroppo aiuta molto in questo senso.
E c’è molto di più a parte il disastro ecologico iracheno … ma per oggi mi accontenterò di ciò che ho scritto.

 

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Ministero condannato a risarcire i danni biologici

Posted by lorenzo pellegrini su 7 ottobre 2010

da positanonews.it a questo link

 

Uranio impoverito, condannato il ministero a risarcire anche il danno biologico ai militari colpiti dal cancro per contaminazione.

 

Il Tar della Campania con la sentenza 17232 depositata il 5 agosto scorso ha condannato il ministero della Difesa a risarcire anche il danno biologico ai militari colpiti dal cancro per contaminazione da uranio impoverito.

Il militare colpito da un tumore dopo essere stato esposto all’uranio impoverito durante missioni all’estero deve essere risarcito dalla pubblica amministrazione anche del danno biologico.

Il Giudice, ha accolto la domanda di risarcimento di un militare che aveva sviluppato un tumore alla tiroide dopo aver operato in Kosovo tra il 2000 e il 2002. L’uomo aveva presentato una fitta documentazione medico legale che provava la dipendenza della sua patologia dall’esposizione all’uranio impoverito durante la sua permanenza nei Balcani, una sostanza radioattiva contenuta negli armamenti utilizzati dalle forze NATO durante la guerra in Kosovo del 1999. Il soldato aveva ricevuto l’equo indennizzo per infermità da causa di servizio, ma non il risarcimento per il danno biologico patito. La decisione del Tar partenopeo si inserisce nella delicata vicenda della cosiddetta “sindrome dei Balcani”, che ha visto decine di soldati impegnati nel conflitto NATO ammalarsi di patologie tumorali legate all’esposizione alle radiazioni. I giudici campani, dopo aver ribadito che la domanda di risarcimento rientrava pienamente nella giurisdizione amministrativa, in quanto la responsabilità dell’amministrazione era “correlata alla violazione dell’obbligo di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori dipendenti”, hanno condannato il Ministero della Difesa a risarcire il danno biologico sofferto dal militare.

Gli interessati ed i loro eredi potranno rivolgersi al sottoscritto Giovanni D’AGATA, componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori che per il tramite di esperti provvederà a fornire tutte le delucidazioni in ordine alla documentazione che occorre approntare per introdurre eventuale giudizio davanti alle Sezioni Giurisdizionali preposte.

La stessa documentazione sarà esaminata e valutata in via assolutamente gratuita da un esperti e consulenti in materia.

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